Ti spiego come capire se soffri di un disturbo d’ansia. Per scoprirlo, la prima cosa che devi sapere è cos’è l’ansia.
Il termine deriva dal latino anxius-anxia- anxium, aggettivo che indica una persona che “ha tendenza all’angoscia”, “inquieta”, “affannata”. Da qui sempre i latini parlarono di anxietas (“ansietà”, “stato di angoscia e di preoccupazione”).
Nei disturbi d’ansia è presente una componente di attesa spasmodica, inquietudine, agitazione, tendenza a fare previsioni negative. Pieron (Dizionario di Psicologia, Firenze, 1973) l’ha definita come uno “Stato di sofferenza nel contempo psichico e fisico, caratterizzato da un timore diffuso, da un sentimento di insicurezza, di disgrazia imminente“. Si tratta di condizioni patologiche che includono la paura e i disturbi comportamentali che ne derivano. Si deve però distinguere la paura (che è la risposta a un pericolo presente) dall’ansia vera e propria, che è invece l’anticipazione di un pericolo futuro.
Si è soliti distinguere, ancora, un’ansia di stato, dovuta a una situazione di pericolo, e un’ansia di tratto, che rappresenta una caratteristica del soggetto, un tratto, appunto, della sua personalità. L’ansia, così come la paura, infatti, è una condizione naturale che attiva nell’organismo le risorse necessarie per affrontare un pericolo. Di fronte a ogni condizione percepita come pericolosa, infatti, l’organismo deve decidere tra due possibili reazioni: attacco o fuga. Entrambe le scelte, attacco o fuga, prevedono alcune condizioni di base:
- l’esistenza di una condizione di pericolo, proveniente dall’esterno o dall’interno dell’organismo stesso: l’organismo può temere, ad esempio, un lupo, ma può temere un attacco cardiaco o un attacco legato all’apparato psichico. Classica è la paura degli attacchi di panico, che è molto invalidante e spinge il paziente a evitare i luoghi collegati agli attacchi o anche i luoghi affollati, nei quali l’attacco stesso risulterebbe imbarazzante;
- la valutazione dello stato di pericolo, “appraisal”, che rappresenta la componente cognitiva dell’ansia: non basta, infatti che vi sia una situazione esterna o interna (una bestia feroce, il rischio di sentirsi male, il rischio di fallire o di fare brutta figura…) per configurare un pericolo: è necessario che vi sia un intervento cognitivo del cervello umano, una valutazione positiva o negativa di ciò che si vede o si avverte;
- un’attivazione fisiologica dell’organismo, “arousal“, cioè il risveglio, l’agitazione dell’organismo che si verifica mediante la produzione di un sistema complesso di ormoni, i quali danno luogo alle componenti fisiche della paura e dell’ansia: accelerazione del battito cardiaco, tremori, formicolio, aumento della pressione sanguigna, sudorazione…
- Il risultato finale dell’attivazione, “coping“, cioè il fronteggiamento del pericolo stesso.
L’ansia, dunque, non è di per sé una condizione negativa, ma è piuttosto un complesso dispositivo psico-fisiologico, forgiato dall’evoluzione per consentire all’organismo di valutare il pericolo, di attivarsi e tenersi pronto all’azione, di fronteggiare il pericolo stesso. Di fronte a un compito da svolgere (per esempio affrontare un esame universitario), la Legge di Yerkes e Dodson stabilisce, infatti, che livelli moderarti di ansia contribuiscono a migliorare la prestazione, mentre livelli eccessivi sono nocivi.
Qual è allora il confine che ti permette di stabilire se la tua ansia è normale o patologica?
- la sussistenza o meno di una condizione obiettiva di pericolo;
- l’intensità di attivazione del tuo organismo;
- la durata temporale dello stato di agitazione ansiosa.
I disturbi d’ansia comportano, dunque, uno stato di agitazione, di paura e percezione di pericolo. In questa classificazione rientrano diverse patologie, come il disturbo d’ansia dovuto all’uso di sostanze, il disturbo di panico, l’agorafobia, l’ansia di separazione, il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo ossessivo-compulsivo…
Per orientarti nella comprensione dell’ampio ventaglio di questi disturbi, ti presento qui uno specchietto con la classificazione dei singoli disturbi e i relativi sintomi:
DISTURBO | SINTOMI |
Ansia: | Agitazione, paura, evitamento, eccitazione aumentata |
Agorafobia: | Ansia di trovarsi in luoghi aperti da cui sia difficile o imbarazzante fuggire |
Disturbo di panico: | Un improvviso senso di disagio o paura durante il quale si verificano almeno 4 dei seguenti sintomi: palpitazioni/ tachicardia, sudorazione, tremore, senso di soffocamento, dolore al petto, nausea, vertigine, vampate di calore o brividi, formicolio, paura di impazzire, paura di morire. |
Disturbo di panico con agorafobia | Paura di essere colti da un attacco di panico in contesti da cui sia difficile o imbarazzante uscire: mezzi pubblici, folla, uffici… |
Disturbo d’ansia dovuto a una condizione medica generale: | Sintomi di ansia dovuti agli effetti diretti e fisiologici di una condizione medica di natura organica |
Disturbo d’ansia indotto da sostanze: | Sintomi di ansia provocati dall’uso di sostanze: sostanze tossiche, farmaci, droghe… |
Ansia di separazione | Ansia nel separarsi da figure di attaccamento (genitori, familiari). Il disturbo esordisce in età infantile e solitamente si manifesta al momento di separarsi dai genitori per andare a scuola o all’asilo: oltre al pianto e altre manifestazioni di ansia, si possono avere sintomi fisici come il vomito. |
Fobia sociale: | Paura di trovarsi in uno stato di umiliazione o imbarazzo mentre si è in pubblico o quando si deve produrre una prestazione in pubblico: esame, partecipazione a cerimonie, discorso… |
Fobia specifica: | Paura eccessiva e invalidante di ambienti (altezze, luoghi chiusi, mare…), di animali (rettili, insetti…), situazioni mediche (sangue, ferite)… |
Ansia di malattia (Ipocondria): | Paura e ansia eccessiva di aver contratto una malattia o di soffrire di un disturbo fisico. |
Disturbo d’ansia generalizzato: | Ansia persistente che dura da almeno 6 mesi. I paziente manifesta pensiero negativo, paura, preoccupazione per problemi banali, tensione muscolare, irritabilità, insonnia, difficoltà di concentrazione, affaticabilità, incapacità di rilassarsi, iperattività. |
Disturbo ossessivo-compulsivo: | Il disturbo esordisce di solito, ma non esclusivamente, in adolescenza o all’inizio dell’età adulta. E’ caratterizzato dalla presenza di pensieri ricorrenti e persistenti che il paziente riconosce come un prodotto della propria mente e NON come imposti dall’esterno. Il paziente prova disagio e ansia rispetto a questi pensieri e tenta di scacciarli. D questo tentativo emergono le compulsioni: cioè quelle azioni ripetitive e rituali, quali il lavaggio eccessivamente frequente delle mani, il ricorso a formule magiche o preghiera strumentale, gesti rituali di vario tipo… |
Disturbo post traumatico da stress: | Il soggetto è stato sottoposto a un evento traumatico che ha comportato un pericolo per la vita propria o altrui, provocando risposta di orrore e impotenza. Sono presenti ricordi spiacevoli dell’evento (memorie traumatiche), sogni ricorrenti, agire e sentirsi come se l’evento si stesse ripresentando, intenso disagio di fronte a stimoli che richiamino l’evento. |